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I Vattienti

Un rito cruento, dal medioevo a oggi

I Vattienti in Calabria

È un rito cruento, affascinante, ancestrale. Tradizione che si perde nei secoli passati fino al medioevo per lasciare mille interrogativi su un’origine oscura che ben si accoppia con il senso profondo del rito stesso.

Stiamo parlando dei Vattienti di Nocera Terinese, piccolo centro della provincia di Catanzaro, a pochi chilometri dal Tirreno.

Ma chi sono questi vattienti, figure controverse e misteriose che pongono il proprio sangue al centro della Settimana Santa, proprio come Gesù Cristo?

Secondo le fonti più attendibili, il rito dei Vattienti si rifarebbe alla pratica dell’autoflagellazione diffusa tra i monaci nel medioevo per espiare i peccati e permettere così all’anima di essere accolta degnamente nell’aldilà. Secondo altri studiosi, bisognerebbe ripescare nell’Asia Minore di epoca precristiana, quando un rituale simile veniva praticato per il dio Attis.

Quali siano le radici non è stato ancora chiarito, quel che è evidente è la natura unica e particolare –a tratti macabra- del rituale, consistente in due figure maschili che rappresentano le fasi degli ultimi giorni di Cristo: la flagellazione (il vattiente vero e proprio) e l’ecce homo, il Nazareno portato da Pilato dinanzi alla folla per essere giudicato.

Elementi fondamentali della cerimonia sono la rosa e il cardo: la prima è un pezzo di sughero in cui sono conficcati tredici pezzi di vetro (Cristo e i dodici apostoli, di cui uno, Giuda, è più lungo rispetto agli altri) con il quale il vattiente si flagella le cosce e i polpacci; il secondo è una sorta di spugna di sughero utilizzata per asciugare il sangue che scorre copioso lungo le gambe dei protagonisti. Una terza figura maschile asperge regolarmente di vino le ferite per disinfettarle.

Momento culminante è l’incontro con la statua della Madonna, al cospetto della quale i due uomini si inginocchiano in preghiera per sciogliere il voto fatto in precedenza e intorno al quale ruota tutta la cerimonia.

L’origine del rito, come detto, si perde nella notte dei tempi, ma ancora oggi viene vissuto dalla popolazione locale con grande intensità e devozione. Anche chi non vi partecipa attivamente subisce un coinvolgimento emotivo dirompente, che impregna tutto di una magia e un misticismo che solo la Calabria è ancora in grado di regalare. 

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